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Pensate di abbonarvi a un servizio di email marketing perché promette un tasso di deliverability del 94%? Non fatelo! Queste cifre di deliverability sono irrealistiche nel migliore dei casi, fittizie nel peggiore. Lo scopo di questo articolo è chiarire la questione e spiegare con precisione i passaggi da seguire per massimizzare la deliverability.
Innanzi tutto bisogna capire che, anche se concettualmente la posta elettronica sembra pressoché identica a com’era negli anni Novanta, in realtà il panorama dietro le scene è molto diverso. Ha dovuto cambiare a causa dell’esponenziale aumento di truffe, furti d’identità, phishing, spam e altri messaggi indesiderati. Per far fronte a questi problemi, alcune menti brillanti hanno sviluppato sistemi di intelligenza artificiale avanzati che fungano da guardiani, un elemento di controllo fra mittenti e riceventi.
Attualmente queste IA sono l’unico fattore che determina il tasso di deliverability: decidono se i messaggi vengono consegnati e, se sì, a quale casella di posta. “Ma non sono uno spammer!” potreste obiettare, pensando che la cosa non vi riguardi. Ma per queste IA chiunque è colpevole finché non viene dimostrato che è innocente. Ecco perché un gran numero di email di marketing legittime non viene consegnato o viene inviato direttamente nella cartella dello spam.
La teoria secondo cui alcuni servizi di email marketing sarebbero immuni a queste IA e in grado di fornire costantemente un certo tasso di deliverability è falsa e fuorviante. Raccommdo di scegliere uno dei migliori servizi per le proprie necessità di email marketing, ma non sempre questo accorgimento risulta sufficiente.
Inizierò spiegando cosa c’è davvero dietro i numeri che talvolta si vedono nelle recensioni sei servizi di email marketing. Chi è di fretta può passare direttamente alla sezione su come imparare a migliorare il proprio tasso di deliverability e far sì che le proprie email superino i controlli dei guardiani.
Il test da sogno per la deliverability e perché non è fattibile
Per effettuare test di qualità è necessario un approccio scientifico. Farò del mio meglio per spiegare le basi di tale approccio, per poi procedere a creare un esperimento di deliverability delle email adeguato. Purtroppo non ci vorrà molto per comprendere i motivi per cui un simile esperimento non è fattibile.
Innanzi tutto, bisogna partire da alcuni presupposti. Per stabilire la percentuale del tasso di deliverability di un servizio di email marketing, si parte già dal presupposto che una tale cifra globale esista e che sia stabile, almeno per un determinato arco di tempo.
Un altro presupposto importante, in particolare quando si confrontano servizi diversi, è riuscire a mantenerli ceteris paribus, locuzione che significa “a parità di tutte le altre circostanze”. Ciò significa che ogni aspetto nell’esperimento dev’essere ripetuto esattamente alo stesso modo; l’unica cosa che cambia è il servizio testato.
Poiché si testa la deliverability di email di massa, è necessario utilizzare un campione di grandi dimensioni. Una mailing list con 1.000 indirizzi email non sarebbe male come punto di partenza, anche se molti esperti ritengono che si tratti comunque di una cifra troppo bassa. Ma partiamo comunque con 1.000.
Dovremmo poi procedere effettuando un’email di gruppo che assomigli il più possibile a un messaggio reale (magari la promozione di un catalogo autunnale) e inviarla alla mailing list. Un presupposto importante in questo caso è la possibilità di inviare lo stesso messaggio con ciascuno dei servizi, senza che ciò influenzi i risultati.
A questo punto i guardiani farebbero la loro comparsa. Consegnerebbero alcune delle email in base al contenuto del messaggio e a informazioni tecniche raccolte su di noi. Onestamente questa fase comporta un elevato fattore aleatorio.
Di certo vorremo tenere d’occhio i numeri: quante email sono state recapitate e a quali caselle di posta. Inoltre, i guardiani apprendono dal comportamento del destinatario, quindi dovremmo replicare anche i comportamenti degli utenti reali.
Ciò significherebbe accedere a ciascuno dei 1.000 account email e interagire con il messaggio (aprendolo/ignorandolo/cliccando sul link che contiene) proprio come farebbe un utente nel mondo reale. Ogni accesso dovrebbe essere effettuato da un dispositivo diverso per non utilizzare lo stesso indirizzo IP. Tali dispositivi dovrebbero includere PC, Mac, tablet Android, iPad e diversi tipi di smartphone.
Dopodiché, dovremmo ripetere l’invio e la conseguente interazione degli utenti una ventina di volte nel corso di alcuni mesi. A questo punto avremmo buoni dati aggregati sui tassi di deliverability generale e sui tassi specifici per casella di posta. L’intero ciclo dovrebbe poi essere ripetuto per gli altri servizi utilizzando la stessa mailing list e gli stessi messaggi, presupponendo che ciò non abbia ulteriori effetti.
Credo che a questo punto i lettori abbiano capito: anche se questo ipotetico scenario sembra perfetto, ciò è del tutto irrilevante e non soltanto perché non è possibile riprodurre accuratamente il comportamento di 1.000 utenti diversi, ma anche perché quasi tutti i presupposti su cui mi sono basato non sono realistici.
Non si può presupporre che i tassi di deliverability di uno specifico servizio di email marketing siano costanti. La tipologia di email influenza il comportamento delle IA e pertanto bisogna aspettarsi cifre diverse per email promozionali, aggiornamenti professionali, newsletter, spam diretto e altri tipi di messaggi. Ciò significa che l’esperimento dovrebbe essere svolto separatamente per ogni tipo di messaggio.
Il presupposto del ceteris paribus è un altro grosso problema. L’apprendimento delle IA è continuo e uno degli aspetti che tengono d’occhio sono i duplicati. Di qualsiasi cosa. Un messaggio già inviato in precedenza, una mailing list troppo simile a una già ricevuta: questi aspetti vengono notati e le IA vi applicano un trattamento diverso.
Per dirla con parlo semplici, se usassimo lo stesso messaggio e la stessa mailing list, nel tempo necessario a ripetere l’esperimento con un altro servizio avremmo già alterati i risultati. Non è possibile mantenere la “parità di tutte le altre circostanze” poiché i sistemi apprendono costantemente e ricordano quanto appreso.
Un altro presupposto effettuato è ritenere che due utenti che si iscrivono allo stesso servizio di email marketing riceveranno messaggi inviati da punti di partenza analoghi. Non necessariamente: i servizi di email marketing utilizzano più server condivisi e non è possibile avere il controllo su quale di essi verrà utilizzato.
Le IA riconoscono tali server condivisi dagli indirizzi IP e hanno già un’opinione su di essi (ringraziate i marketer nelle vicinanze per questo). E non possiamo sapere se questa opinione è positiva, negativa o una via di mezzo. Né possiamo sapere se le iscrizioni future verranno effettuate sul nostro stesso server.
In questo esperimento l’alea gioca un ruolo assai maggiore di quanto vorremmo. Il sistema di IA funziona tramite il campionamento di alcune email, non su tutte, su base probabilistica e dell’algoritmo dell’AI. Non ci è alcuna garanzia che il sistema si comporti allo stesso modo nel corso dell’esperimento. In realtà, possiamo essere piuttosto certi che non lo farà.
Pertanto il nostro esperimento teorico non regge perché non è possibile replicare il comportamento umano di massa, per via dell’alea e dell’apprendimento continuo dei sistemi. Si potrebbe argomentare che, regolando lo scenario e pur con alcune differenze si potrebbero comunque ottenere informazioni interessanti. Io posso solo dire ci abbiamo provato, con risultati deludenti.
Come alcuni recensori “testano” la deliverability e perché non è un buon metodo
Anche se ho già spiegato perché è impossibile testare la deliverability, online si trovano recensioni di persone che affermano di effettuare test in materia da anni. Di che si tratta?
Beh, alcuni revisori si inventano i numeri. È facile accorgersene perché non forniscono spiegazioni dettagliate sulla propria metodologia di test e non ritengono necessario includere screenshot a sosteggno delle proprie affermazioni. Talvolta viene inserito un link a un qualche file Google Sheets con righe e righe di numeri. È difficile biasimare l’elusività di questi recensori: la gente vuole vedere cifre sulla deliverability e loro si limitano a fornire numeri. Ma chi sta leggendo questo articolo ora non si accontenterà più di questi trucchetti.
Altri recensori cercano di effettuare una versione all’acqua di rose del mio ipotetico esperimento. Questi “test” non soltanto sono totalmente irrilevanti per gli utenti, ma possono anche essere pericolosamente fuorvianti. Esperimenti mal programmati possono avere come esito risultati molto promettenti, anche per servizi di email marketing di terza categoria che non andrebbero minimamente presi in considerazione.
Particolare attenzione va prestata a progressioni di deliverability del tutto prive di senso. Ad esempio, viene affermato che il tale servizio è stato “testato” per sei volte nel corso di tre anni con i seguenti risultati: 77,6%, 89%, 92,6%, 94,8%, 78,4%, 90%. Cosa si suppone che dobbiate farvene di questi dati? Il servizio funziona meglio a marzo che ad agosto o questi numeri non significano nulla?
Il terzo e ultimo tipo di recensori inaffidabili collabora con terze parti per trovare dei risultati. Spesso la terza parte in questione è un servizio specializzato nella promozione della deliverability. Ciò è proprio fastidioso, perché di fatto ciò che si legge è pubblicità travestita da risultato di test professionali.
Vorrei mettere particolarmente in guardia da grafici e tabelle tanto belli da vedere, i migliori amici dei pubblicitari. Niente ha un aspetto più professionale di un lungo elenco di grafici o diagrammi a torta con quattro colori, infarciti da spunti sulle modifiche nel corso del tempo o da come un concorrente sembri surclassare gli altri. Ma tali grafici sono completamente insensati, perché si basano su dati privi di senso (o a scopo pubblicitario).
Nuovamente, cercate di capire la metodologia utilizzata. Se non assomiglia al modo in cui progettate di usare o utilizzate i servizi di email marketing (e vedrete che nessuno di essi lo fa), non si tratta di informazioni rilevanti in alcun modo.
Come aumentare DAVVERO il tasso di deliverability
Riguardo ai test sulla deliverability, la situazione non è rosea. Alcuni recensori sono fin troppo desiderosi di fornire numeri senza senso, creati con un misto di immaginazione e capriccio del momento.
Questo è il motivo per cui non troverete tali cifre su Website Planet. Se non sono utili per i nostri utenti, non lo sono nemmeno per noi.
Per fortuna non ne avete alcun bisogno. Il mio elenco di servizi di email marketing collaudati è ottimo per farsi un’idea delle effettive differenze fra i vari servizi e la deliverability è un argomento che ho trattato in modo approfondito.
Di cosa mi sono occupato, se non del tasso di deliverability? Delle funzionalità di deliverability, ovvero gli strumenti che ogni servizio mette a disposizione per aumentare la deliverability e fare in modo che le emails superino i guardiani.
Ecco una guida dettagliata di undici passaggi per aumentare la deliverability. I primi quattro passaggi hanno a che fare con le funzionalità di deliverability che i servizi di email marketing dovrebbero fornire. Gli altri sette includono consigli pratici facili da implementare che consentono di massimizzare il proprio tasso di deliverability.
1. Autenticare il proprio servizio di email marketing con il proprio dominio
L’autenticazione dimostra ai guardiani e ai fornitori di servizi email (ESP – Gmail, Yahoo Mail, etc.) che siete davvero chi affermate di essere. Tecnicamente è possibile che qualcuno utilizzo l’indirizzo di un mittente (ad esempio, [email protected]) senza davvero possedere il dominio corrispondente (ovvero realestatechamp.com). È illegale, ma è fattibile.
Le IA e gli ESP sono estremamente sospettosi nei confronti degli indirizzi non autenticati e tendono a ignorarli fin da subito. Ciò significa che le relative email finiscono direttamente nello spam. Si può evitare questo problema scegliendo un servizio che fornisca il metodo di più robusto attualmente esistente: DKIM.
L’implementazione è piuttosto lineare. Si riceve una chiave DKIM dal proprio servizio di email marketing e la si inserisce nelle impostazioni DNS del proprio dominio (utilizzando il domain registrar con cui si è effettuata l’iscrizione). Servizi di ottimo livello che forniscono l’autenticazione DKIM, come Constant Contact1, dispongono di guide passo per passo sull’argomento e forniscono anche assistenza tramite chat live.
A chi pensa di poter effettuare una buona campagna di email marketing senza possedere un dominio, dico subito che non si può fare. Piuttosto, è bene rivolgersi a un servizio come GoDaddy1 e ottenere il proprio nome di dominio il prima possibile. Ovviamente il nome va scelto con saggezza.
Dopo l’autenticazione, inviarsi un’email di prova per controllare che tutto abbia funzionato a dovere. Aprendo le informazioni sul messaggio si potrà visualizzare ‘PASS’ alla voce DKIM.
2. Scegliere un servizio con una politica anti-spam attiva
È sorprendente scoprire quanti servizi di email marketing in realtà supportino lo spam o, per lo meno, facciano finta di niente. Sono sempre affari dopotutto: gli spammer inviano decine di migliaia di email e sono disposti a pagare bene nella speranza che alcuni vengano letti.
Questo è un bene per il servizio, ma non per gli utenti. Le IA e gli ESP imparano a riconoscere questi servizi piuttosto in fretta e gli IP sono soggetti a controlli più severi o vengono direttamente inseriti in blacklist. Con molti utenti che utilizzano lo stesso server condiviso, è facile finire direttamente nelle liste nere.
Quindi, si devono utilizzare solo servizi di email marketing che includano rigide politiche anti-spam nei propri termini di utilizzo e, meglio ancora con una politica attiva. Servizi affidabili come GetResponse1 implementano politiche anti-spam: ciò significa che le azioni di loro utenti vengono controllate alla ricerca di comportamenti dolosi. Se si cerca di importare un elenco di contatti sospetto non risulterà possibile.
Abbiamo testato ogni servizio su questo aspetto; per semplificarvi la vita potete dare un’occhiata alle valutazioni tecniche.
3. Scegliere un servizio con una politica chiara sull’affiliate marketing
L’affiliate marketing è un vero guazzabuglio quando si parla di email marketing. Solitamente è un’attività completamente legittima, ma le IA e gli ESP lo tengono sempre d’occhio. Se si inserisce un link di affiliazione in un’email si può essere certi che il messaggio verrà trattato con sospetto. Magari non finirà direttamente nello spam, ma il rischio è elevato.
Pertanto, gli affiliate marketer necessitano di un servizio di email marketing che supporti il loro sforzi. Ma chi non è un affiliate marketer dovrebbe scegliere un servizio che non consente questa pratica. Non c’è motivo di correre rischi e condividere l’IP con gente che potrebbe abbondare con lo spam.
In genere è possibile capire l’approccio di un servizio di email marketing service verso l’affiliate marketing leggendone i termini di utilizzo, anche se a volte è necessario rivolgersi all’assistenza clienti. Tutti i servizi che abbiamo testato sono stati controllati sotto questo aspetto.
4. Prendere in considerazione un IP privato
I vicini possono essere fastidiosi sia nella vita reale che online. Con la maggior parte dei servizi di email marketing finirete per averne, perché per offrire prezzi competitivi l’unica opzione è raggruppare più utenti sullo stesso server.
Pertanto, può arrivare il momento in cui si è pronti per un approccio più privato. I rischi legati all’utilizzo di un server condiviso sono reali e costanti. Anche se ci si occupa di campagne di email marketing da anni, basta qualche spammer per rovinare la reputazione di un IP condiviso e far crollare il proprio tasso di deliverability.
L’aspetto che voglio sottolineare è la possibilità di utilizzare un IP privato. Magari non è necessario fin da subito, ma è importante tenersi aperta la possibilità. Non tutti i servizi offrono questa opzione e talvolta è necessario il passaggio ai più costosi piani per aziende.
Il passaggio a un IP privato rende padroni del proprio dominio ed elimina totalmente il rischio di essere influenzati dalle attività degli altri utenti del servizio.
5. Evitare gli strumenti per il controllo dello spam
Questo aspetto è contrario a ogni logica. Vi sono servizi online che affermano di controllare le email in cerca di spam. Promettono di effettuare un’intera batteria di test e controlli e fornire un resoconto dettagliato sulle potenziali relazioni con le IA.
Per ironia della sorte, utilizzando servizi come Mailgun o MailMonitor si viene flaggati. Proprio così. Gli stessi servizi che promettono di aumentare la deliverability e risolvere i problemi con le IA finiscono per aumentare i livelli di rischio.
È una follia, ma è un fatto che ho verificato più e più volte con i miei clienti. Sono arrivato al punto in cui la mia reazione immediata a un cliente che mi dice: “E ho usato questo strumento speciale per effettuare un check dello spam!” è “Oh, no!!”
Vanno evitati tutti, con un’unica eccezione: Doctor-mailer.com. Dispone di una tecnologia sorprendentemente valida e l’esperienza di utilizzo si è sempre rivelata positiva.
6. Iniziare a utilizzare l’indirizzo email
La ragione per cui è necessario iniziare a usare l’indirizzo email è molto semplice: guardiani ed ESP non vedono di buon occhio un nuovo indirizzo che inizia a inviare maree di email a destra e a manca.
Immaginiamo l’indirizzo email come un muscolo: ha bisogno di un buon riscaldamento per prepararsi. Per ottenere i migliori risultati non bisogna utilizzare un indirizzo nuovo di zecca per inviare una newsletter a centinaia di persone. Prima bisogna rafforzarlo.
Qualche giorno prima di aprire l’account email (e dopo averlo autenticato con il dominio, ovviamente), è bene inviare un’email a una decina di contatti a persone conosciute, come amici e parenti. Poi chiamarli per accertarsi che aprano l’email e clicchino sui link contenuti. Se l’email è finita nella cartella dello spam, chiedere che venga contrassegnata come “Non spam.”
Il processo va ripetuto la settimana successiva con un gruppo di contatti più numeroso. Maggiore sarà il numero di persone che aprirà l’email garantendone l’affidabilità, più le IA riterranno affidabile l’indirizzo. Procedere in questo modo per un mese aggiungendo un numero di contatti sempre maggiore, fino ad alcune centinaia.
A questo punto le IA conosceranno l’indirizzo email e si potrà iniziare a inviare le newsletter.
7. La qualità dei contatti di prima di tutto
Mai compromettere la qualità del proprio elenco di contatti. Si potrebbe ricevere l’offerta di acquistare elenchi di contatti e accrescere artificialmente la propria base di iscritti, ma non ne vale la pena. Tali contatti, sempre che siano reali (e non ne sono sicuro), non hanno mai richiesto di ricevere in messaggi da voi.
Pertanto, inviar loro messaggi non è soltanto illegale in molto paesi, ma è anche un modo sicuro per diminuire il proprio tasso di deliverability. Un singolo contatto che contrassegna un messaggio come spam può provocare molti danni.
Inoltre, gli elenchi di contatti acquistabili contengono indirizzi obsoleti, che possono portare al cosiddetto hard bounce, ovvero l’invio di un messaggio che comunica che l’indirizzo è inesistente. Le IA notano questo genere di cose e le interpretano a chiare lettere: il mittente utilizza contatti di scarsa qualità quindi non è affidabile.
Molto meglio concentrarsi sull’ottenere nuovi contatti attivamente e accertarsi che decidano di partecipare con un gesto chiaro (magari con un double opt in). I contatti di qualità sono più difficili da ottenere, ma fanno aumentare in modo diretto il tasso di deliverability. Le scorciatoie vanno evitate.
8. Spiegare ai lettori come inserire l’indirizzo in whitelist
Gli iscritti sono creature volubili e, anche se in genere sono interessati a leggere i contenuti, non sempre si ricordano di farlo. E può capitare facilmente che le email giacciano dimenticate nella cartella dello spam. Non c’è motivo di rischiare; invece, spiegare agli iscritti cosa fare funziona piuttosto bene.
È buona norma fornire ai nuovi iscritti istruzioni dettagliate nell’email di benvenuto. La famosa newsletter The Morning Brew lo fa alla perfezione:
9. Prestare estrema attenzione alla formulazione e al contenuto
Il livello a cui le IA, i sistemi di filtraggio e gli ESP setacciano le email è semplicemente folle. Tuttavia, vi sono alcune regole di base facili da seguire. Ecco alcune parole che fanno contrassegnare l’email come spam in tempo zero:
Extra
Contanti
100%
Denaro
Iscrizione
Rimborsare
Offerta
Promozione
Senza rischi
È bene prendersi del tempo per effettuare ricerche e imparare a riconoscere le trappole più comuni. Non è niente di troppo complicato, ma è facile fare questo genere di errori. Inoltre, è bene evitare di utilizzare sempre il maiuscolo, font colorati e altre formulazioni strane.
Anche con i template non è il caso di esagerare. Non è necessario utilizzare email basate esclusivamente su testo, ma la grafica dev’essere minimalista. L’obiettivo è inviare email il più possibile efficienti (a livello di formulazione e di megabyte) e le IA apprezzano il minimalismo.
Inoltre, se non si sa esattamente cosa si sta facendo, è bene evitare di aggiungere HTML personalizzati alle emails. Tag HTML incompleti o non standard fanno immediatamente segnalare l’email come spam.
10. Sfruttare sempre il test A/B
Anche se si procede a gonfie vele da tempo non bisogna mai smettere di usare il test A/B. E va utilizzato correttamente: scegliere un elemento (uno solo!) della prossima email di gruppo di cui non si è sicuri. Può trattarsi dell’oggetto, di un’immagine, di un paragrafo o di un link. Configurare il test A/B di conseguenza e inviare.
La piattaforma invierà l’opzione A ad alcuni contatti e l’opzione B ad altri, aspetterà per un periodo di tempo definito e vedrà quale funziona meglio. Il resto dei contatti riceverà la versione vincitrice.
Questo strumento apparentemente semplice è uno dei principali punti di forza dell’arsenale di un email marketer. Bisogna sempre puntare a ottimizzare i messaggi per coinvolgere maggiormente i propri iscritti. A sua volta, ciò migliora la deliverability.
11. Mantenere aggiornato l’elenco dei contatti
Un altro aspetto molto utile è perdersi del tempo per controllare e aggiornare l’elenco dei contatti. Infatti, i contatti che non leggono le email danneggiano l’attività per il solo fatto che si continua a inviar loro messaggi che vengono ignorati.
Oltre ad accertarsi che nessuno dei propri elenchi contenga hard bounce, bisogna controllare sempre il coinvolgimento degli iscritti. I contatti che non mostrano interesse dovrebbero essere spostati in un elenco specifico da usare solo una o due volte per poi decidere se eliminare o meno tali contatti.
Si possono e si dovrebbero utilizzare flussi di lavoro automatizzati per svolgere questo procedimento senza doverci lavorare manualmente.
Per concludere: scegliere con cura il proprio servizio
Ora conoscete la verità sui test di e potete ignorarne i risultati con un sorriso. Ma ciò non significa che tutte le piattaforme di email marketing siano uguali. Tutt’altro!
Gli strumenti offerti dalle varie piattaforme sono diversi e non sarà mai possibile ottenere tassi di deliverability costantemente elevati senza una corretta autenticazione del dominio e una buona routine di mantenimento degli elenchi di contatti. Inoltre, si paga un prezzo elevato se si utilizza un server condiviso su cui operano spammer e marketer di spam ed è compito della piattaforma assicurarsi che ciò non accada.
Iniziate scegliendo una piattaforma di email marketing affidabile. I prodotti che raccomandiamo sono stati sottoposti a mesi di ricerche e test rigorosi e non dovreste avere difficoltà a trovare un servizio adatto alle vostre necessità.
FAQ
Cosa significa deliverability?
Nel mondo dell’email marketing la deliverability è la capacità di un un’email di raggiungere le caselle di posta dei destinatari. Il tasso di deliverability di specifiche campagne email, come una newsletter settimanale di un’azienda, può essere misurato in percentuale. Il concetto di tasso di deliverability totale delle piattaforme di email marketing è privo di senso, anche se alcuni recensori affermano altrimenti.
Come viene calcolato il tasso di deliverability?
All’interno di una specifica campagna o flusso di email, il tasso di deliverability viene calcolato dividendo il numero di email che hanno raggiunto le caselle di posta dei destinatari per il numero totale di email inviate. Le destinazioni finali non conteggiate per il tasso di deliverability includono cartella dello spam, soft bounce e hard bounce.
Qual è un buon tasso di deliverability?
Il 100% è per definizione il tasso di deliverability perfetto, ma in genere non è un obiettivo realistico. In base ai propri obiettivi e al tipo di campagna, ciascuno può definire quale tasso di deliverability ritiene soddisfacente. Un’azienda onesta può ritenersi molto soddisfatta se la propria newsletter raggiunge un tasso dell’80-90%. Uno spammer si accontenterebbe di cifre molto più basse.
Come si può evitare che le email inviate finiscano nella cartella dello spam?
Scegliendo un servizio che offra gli strumenti necessari per massimizzare la deliverability, usando correttamente tali strumenti e seguendo best practice per la scrittura delle email e la gestione dell’elenco dei contatti. Creando contenuti di qualità e una relazione di fiducia con i propri iscritti. Ignorando le false promesse di tassi di deliverability garantiti, poiché tali garanzie non esistono.
Ben è un appassionato web developer che adora maneggiare codici, sia nel back-end che nel front-end. È alla perenne ricerca del miglior host di siti web al mondo, ma si impegna anche nel cercare dei momenti liberi per coltivare i suoi altri interessi: i fumetti, i viaggi, e la cucina.
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